Al Museo archeologico di Veroli apre la nuova sezione dedicata ad Amedeo Maiuri
Venerdì 20 dicembre 2024, alle ore 12.00, apre al pubblico la sezione espositiva Poeta dell’archeologia. Amedeo Maiuri tra Lazio e Campania, allestita al Museo archeologico dei popoli italici “Amedeo Maiuri” di Palazzo Marchesi Campanari a Veroli (FR), che, grazie alla virtuosa sinergia tra il Ministero della cultura, la Regione Lazio e il Comune di Veroli, da febbraio 2024 è diventato un museo statale.
Alle sale già inaugurate al piano terra, dedicate al mosaico di genti che hanno abitato nel territorio tra i monti Ernici, le valli dei fiumi Sacco e Liri e la pianura pontina, si aggiunge una sezione tematica dedicata a uno dei protagonisti dell’archeologia italiana del Novecento, Amedeo Maiuri, cui proprio la città di Veroli diede i natali nel 1886.
Nel percorso espositivo al piano nobile del Palazzo sono focalizzati due momenti della lunga carriera dello studioso, successivi alla sua nomina a Soprintendente alle Antichità della Campania e del Molise avvenuta nel 1924: lo scavo del santuario della dea italica Marìca alla foce del Garigliano, nel territorio degli Aurunci presso Minturno, e gli scavi di Pompei, dove Maiuri fu attivo per oltre un trentennio.
Accanto ai documenti di archivio che testimoniano la cura con la quale lo scavo dell’importante santuario della dea Marìca fu condotto a partire dal 1926, sono esposte le tipiche offerte votive alla divinità e un’antefissa a testa femminile in terracotta che decorava il tetto del tempio.
L’allestimento nel grande salone di rappresentanza trae ispirazione dalla suggestione di un interno pompeiano allestito alla ‘maniera di Maiuri’, dove gli oggetti di scavo vengono esposti nel luogo in cui hanno vissuto, per restituire le atmosfere della vita quotidiana degli uomini e delle donne dell’antichità.
Gli oggetti di uso quotidiano e l’erma in marmo raffigurante Dioniso provengono dagli scavi della Casa del Menandro di Pompei, dove l’archeologo lavorò appassionatamente tra il 1926 e il 1932; i caratteristici segnacoli di tombe funerarie (columelle) e la copia del calco in gesso di un corpo umano provengono dall’area di Porta Nocera, dove Amedeo Maiuri scavò a partire dal 1952.
Il documentario del 1956 Pompei. Venti secoli dopo, firmato da Antonello Falqui, uno dei primi del genere, testimonia la grande cura riservata alla divulgazione delle scoperte archeologiche.
Una selezione di fotografie di Luigi Spina, dedicata ad alcune domus pompeiane, chiude l’esposizione in un ambiente adiacente il salone di rappresentanza.
L’eredità dell’approccio di Maiuri, che contribuì a rendere il patrimonio culturale italiano accessibile a un vasto pubblico, raccontando l’antichità con poesia e umanità, rivive oggi nel Museo a lui dedicato, attraverso l’allestimento di reperti in prestito dal Museo archeologico nazionale di Napoli, dal Parco archeologico di Pompei e da Pantheon e Castel Sant’Angelo – Direzione Musei nazionali della città di Roma.
All’inaugurazione intervengono il Direttore generale Musei Massimo Osanna, il Sindaco di Veroli Germano Caperna, il Direttore regionale Musei nazionali Lazio Elisabetta Scungio, il Direttore del Museo archeologico dei popoli italici “Amedeo Maiuri” Alessandra Gobbi.