Convegno “Esercizi commerciali storici: un patrimonio da salvaguardare”
Dalla ricchezza culturale al ruolo cruciale nella vita sociale: i caffè letterari, le botteghe artigiane, le osterie, i ristoranti o le sale cinematografiche rappresentano ormai un patrimonio da salvaguardare, in un’epoca sempre più avara di punti di riferimento centrali per la costruzione della memoria e dell’identità.
Di questi aspetti si è discusso nel convegno organizzato lo scorso 19 ottobre nella Sala Molajoli del Complesso Monumentale del San Michele – Ministero per i beni e le attività culturali, a cura del Servizio VI della Direzione generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio.
Una interessante giornata di confronto che ha permesso di fare il punto sulle azioni politiche volte al riconoscimento e finanziamento dei locali storici, di dar voce ai protagonisti che li animano quali gestori, frequentatori e membri di associazioni, di ascoltare gli studiosi che ne indagano storia e peculiarità e di ricostruire il quadro normativo di riferimento grazie all’intervento di funzionari tecnico-scientifici e dirigenti del MiBAC.
In particolare l’analisi di Antonio Tarasco – Direttore del Servizio I della Direzione Generale Musei – si è focalizzata sulla giurisprudenza e sulla dottrina riguardanti la tutela del patrimonio immateriale, considerato in base al suo riscontro in ambito materiale.
“Nell’ordinamento dei Beni culturali – ha evidenziato Tarasco – non c’è una precisa presa di posizione nei confronti dei locali storici tradizionali almeno fino al 2013, quando è stato emanato il Decreto Legge 91 che gli ha dedicato una specifica attenzione”. C’è, poi, un’ambiguità di fondo, dovuta alle lettere A e D del terzo comma dell’articolo 10 del Codice dei Beni culturali: per ricevere una tutela gli edifici in questione o devono rivestire un interesse culturale in sé oppure il pregio deve essere di carattere relazionale (per esempio legato a un accadimento storico). Questa insufficienza è stata colmata attraverso interventi del legislatore regionale: nel Lazio, ad esempio, con la Legge regionale 31 del 2001, che stabilisce misure di sostegno finanziario per quei soggetti che accettano di proseguire le attività commerciali in locali tradizionali, ma che è stata impugnata dal MiBAC nel 2001 perché lesiva delle proprie prerogative nell’individuazione del bene culturale. “La Corte costituzionale disse, però – ha aggiunto il Dirigente –, che la legge del Lazio era legittima perché non individuava nuove categorie di bene culturale ma si limitava ad apprestare delle forme di sostegno rispetto a questa categoria che resta un non bene culturale”.
A Napoli, invece, nel 1998, il Ministero cercò di apporre un vincolo a una libreria e una cioccolateria, ma – ha concluso Tarasco – “il Tar Campania dichiarò l’illegittimità di questi provvedimenti, perché nella sostanza il tentativo fatto era quello di vincolare più l’attività in sé piuttosto che i locali, andando contro al principio della libertà di iniziativa economica privata, previsto dall’art. 41 della Costituzione”.
La giornata si è aperta con l’inaugurazione di una mostra fotografica dal titolo “SOS – riSchio lOcali Storici” di Roberto Galasso relativa a tre casi di locali storici di Roma sotto tutela: il Caffè Greco, il teatro Salone Margherita e il ristorante Il Vero Alfredo.